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Le radici

La provincia reggiana è terra d'elezione per l'impresa associata.
Nascono infatti da queste parti i primi sodalizi della più antica famiglia cooperativa italiana che traduceva in padano il principio del self-help praticato dai "Probi pionieri di Rochdale", gli operai tessitori di un centro cotoniero del Lancashire il cui negozio cooperativo, aperto nell'estate del 1843 col proposito di calmierare il prezzo del pane, è considerato il paradigma del cooperativismo moderno.

Le caligini delle ciminiere cominciano ad ispessire i vapori del Po nella seconda metà dell'Ottocento, dopo l'Unità d'Italia. Anche a Reggio si affaccia l'industrialismo prototecnologico e con esso le Società Operaie di Mutuo Soccorso. Hanno compiti di assistenza e di previdenza concepiti per alleviare le condizioni di indigenza delle classi subalterne, aiuti che lo Stato non dispensava. Da queste aggregazioni hanno origine le società cooperative.
Accanto alle cooperative, per corroborarne l'azione e concorrere all'emancipazione dei lavoratori, sarebbero sorti magazzini sociali, ristoranti sociali, case del popolo, case di abitazione e banche popolari.

Apostolo di questa concezione immanentista del socialismo era Camillo Prampolini. La sua predicazione, se consideriamo la realtà odierna, ha dato buoni frutti. Oggi Reggio si disputa con Helsinky il primato della città più cooperativa d'Europa (e del mondo).
La formula cooperativa, dunque, anche nei nuovi contesti della terziarizzazione postindustriale, rivela la propria duttilità nell'interpretare l'evoluzione sociale.